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Ptosi mammaria: il limite della Mastoplastica Additiva

  |   Chirurgia Estetica, Mastoplastica Additiva   |   No comment

Nei nostri studi spesso si presentano persone con discreta o evidente ptosi mammaria, che ci richiedono una mastoplastica additiva. L’inserimento di protesi mammarie generalmente viene richiesto per limitare la presenza delle cicatrici sul seno tipiche della mastopessi, tuttavia non sempre inserire protesi risulta l’indicazione corretta. iniziamo col dire che la paziente ideale per l’inserimento di protesi mammarie è quella che non presenta ptosi mammaria o svuotamento del seno, che non ha asimmetrie rilevanti delle mammelle o deviazioni evidenti dei complessi areola capezzolo verso l’esterno o l’interno.

In questa situazione vige la regola generale, spesso sopravvalutata,  secondo la quale in presenza di scarso tessuto ghiandolare le protesi debbano essere messe sotto il muscolo e in presenza di discreta quantità di tessuto, debbano essere messe sopra il muscolo. Seguendo questo principio spesso si dimentica che le pazienti che si possono permettere questo tipo di scelta per motivi costituzionali sono veramente poche. In altre parole nella maggior parte dei casi siamo costretti ad utilizzare il solo piano anatomico utile per ottenere discreti risultati. Il principio innanzi esposto non considera infatti la forma del seno di partenza,  la profondità del solco sottomammario, il torace, lo spessore muscolare e l’elasticità dei tessuti per citare alcuni dei fattori determinanti al buon esito di una mastoplastica additiva.

Detto questo per entrare nel cuore di questo argomento la domanda è: fino a che punto possiamo spingerci ad indicare una mastoplastica additiva con inserimento di protesi pur sapendo che non essendo la scelta ottimale si potranno comunque avere risultati soddisfacenti? Fino a che punto una paziente che ha subito un forte dimagrimento con ptosi mammaria e svuotamento del seno o allo stesso modo un’altra,  che ha avuto uno o più figli e presenta lo stesso quadro clinico può fare una mastoplastica additiva contando con un buon risultato?

Classificazione della Ptosi Mammaria

Prima di tutto occorre distinguere due diversi tipi di ptosi mammaria: la ptosi ghiandolare e la ptosi del complesso areola-capezzolo (CAM). La prima è fondamentalmente uno svuotamento del seno, con le areole in posizione corretta. Questo seno si presenta generalmente svuotato al polo superiore e con un solco sottomammario molto accentuato. La ptosi del complesso areola capezzolo è una discesa delle areole con i capezzoli che spesso guardano verso il basso. In alcune situazioni questo reperto può essere l’unico ma nella maggior parte dei casi una ptosi del complesso areola capezzolo si accompagna ad una ptosi ghiandolare associata.

Mastopessi

In queste situazioni dunque cosa fare? Personalmente ho un mio modus operandi, direi “matematico”, che seguo sempre per evitare di essere confuso da mie sensazioni durante la visita preoperatoria o dalla voglia di osare più o meno in una determinata situazione. Il mio metro di riferimento rimane la Classificazione di Robotti che divide le ptosi mammaria in tre gradi. Seguendo tale classificazione internazionalmente riconosciuta in caso di una ptosi mammaria di grado I, che corrisponde ad una caduta del complesso areola capezzolo pari ad 1-5 cm dal punto ideale di posizione, che può essere determinato prendendo come punto di riferimento una linea  orizzontale che divide il braccio in due parti secondo Skoog o il punto corrispondente al solco sottomammario secondo Pitanguy,  si può indicare unicamente una mastoplastica additiva retroghiandolare, con un volume adeguato a distendere sufficientemente bene la cute e il tessuto fibro-ghiandolare correggendo al contempo la ptosi. Se la paziente presenta una ptosi grado II corrispondente a 5-10 cm dal punto ideale determinato con uno dei due metodi sopra descritti, si può indicare  una mastoplastica additiva con round block in cui l’incisione è localizzata intorno all’areola. Questa tecnica consente in altre parole di aumentare il volume del seno e allo stesso tempo riposizionare il complesso areola-capezzolo chirurgicamente traslandolo al punto giusto. Nel caso in cui la ptosi sia di grado superiore, ossia maggiore di 10 cm rispetto al punto ideale occorre necessariamente procedere con una mastopessi vera e propria. La mastopessi comporta delle cicatrici che si limitano in alcuni casi ad una cicatrice intorno all’areola associata ad una cicatrice verticale e in altri casi comporta una cicatrice a “T” invertita simile a quella praticata nella mastoplastica riduttiva. L’indicazione verrà automaticamente determinata dalla quantità di cute in  eccesso che dovrà essere rimossa. C’è infine da considerare il volume mammario in quanto un seno ptotico potrebbe essere sceso ed inoltre molto svuotato e la mastopessi consentirebbe unicamente una ricostruzione del seno sfruttando il volume di partenza del seno stesso con un risultato spesso insoddisfacente. Qualora il volume mammario di partenza non fosse considerato soddisfacente dalla paziente o a giudizio del chirurgo stesso si può optare per una mastopessi additiva cioè una mastopessi che comporti un inserimento di protesi mammarie associato alle incisioni esposte precedentemente che serviranno comunque a riposizionare correttamente il tessuto fibro-ghiandolare interno. Con questa metodica la paziente otterrebbe il volume desiderato e un montaggio delle strutture mammarie interne adeguato,  che contribuirebbe ad ottimizzare il risultato finale.

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